Il Lambrusco e la filosofia della vita frizzante
Si dice che nel nome sia racchiuso il destino. Nel caso del Lambrusco, pur essendoci molte ipotesi sulla sua origine, alcune più scientifiche altre più fantasiose, è certamente così. Basta ricordare l’origine suggerita dallo scrittore Luigi Bertelli, noto come Vamba, e subito ci si sente circondati dalla filosofia della vita frizzante che questo vino porta con sé. Il Vampa scrisse un “poemetto giocoso” sul Lambrusco, dove raccontava come un giorno, ai tempi della guerra tra Bologna e Modena per il possesso della Secchia Rapita, Venere, Marte e Bacco fossero giunti in terra emiliana per soccorrere i modenesi; fermatisi in un’osteria, Bacco ordinò del vino e l’oste gli chiese: “Dolce l’ami ovver ch’abbia il bruschetto?” Bacco rispose: “Io l’amo brusco”.
Comunque sia le origini del Lambrusco sono molto lontane nel tempo. Anche se sarà soltanto nel 1300 che il bolognese Pier de’ Crescenzi cominciò a suggerire nel suo trattato di agricoltura di ricavare il vino da quella vite selvatica. Da quel momento, del Lambrusco non si poté più fare a meno, diventando il vino per antonomasia, tra quelli italiani il più conosciuto e bevuto nel mondo.
Si era già capito da tempo che ci si trovava di fronte a qualcosa di unico. Durante tutto l’Ottocento e fino ai primi del ‘900 infatti il Lambrusco era considerato un prodotto così pregiato che, mentre la maggior parte del vino veniva venduto sfuso, il Lambrusco era commercializzato e servito in bottiglia.
Nel 1867 grazie a Francesco Agazzotti, un prezioso descrittore anche dell’Aceto Balsamico, venne fatta una prima suddivisione delle tre tipologie prevalenti dei vitigni coltivati: il Lambrusco della viola o di Sorbara, il Lambrusco Salamino e il Lambrusco dai Graspi Rossi, oggi chiamato Grasparossa.
Se si dice Lambrusco, soprattutto per i modenesi, si pensa subito a quello di Sorbara. Sorbara come Cavicchioli vogliono dire grappoli d’uva che si trasformano in vino, vogliono dire vendemmie pregiate che, a seconda delle zone e dei vitigni diventano Lambrusco di Sorbara, Salamino e Grasparossa, ognuno con i propri estimatori che dissertano sulle differenze di colore e di sapore, vogliono dire infine le ricorrenze, i profumi di mosto legati alle nebbie d’autunno che rallegrano gli animi cantate da celebri poeti buongustai.
Frizzante, gioioso, aromatico, il Lambrusco è un vino moderno. Per il suo carattere schietto ed esuberante, la sua leggerezza è il vino ideale in molte occasioni, sposandosi perfettamente con la cucina internazionale ma anche e soprattutto con quella modenese, famosa per i suoi piatti ricchi e genuini. Un vino così vivace e sbarazzino che non si accontenta di essere solo rosso, ma a seconda della varietà, ne assume diverse tonalità, dal più rosa al più scuro, dal cipria al rubino. Flessibile, agile e aperto alle sue infinite evoluzioni, molto piacevole, è così versatile da soddisfare tutti i palati.